LA SPEZIA - “Uniamo le forze per una grande campagna di marketing che consenta ai porti liguri di presentarsi sui mercati come sistema e di generare un’offerta congiunta di tale efficienza e di tale vantaggio che consenta di attirare crescenti quote di traffico oggi di esclusiva competenza dei porti del nord Europa”.
A lanciare il guanto di sfida è la Port Community La Spezia, che respinge al mittente “il vittimismo” che serpeggia sulle banchine spezzine nei confronti di Genova rilanciando con forza la necessità di un’integrazione di sistema.
“È grottesco e ridicolo – afferma Andrea Fontana, Presidente degli Agenti Marittimi di La Spezia - condurre una campagna contro Genova come se le sorti di La Spezia dipendessero solo ed esclusivamente dalla capacità competitiva di Genova. Come operatori - prosegue - sappiamo benissimo che non è così e che il confronto con altri sistemi portuali si gioca sull’efficienza, sulla rimozione di normative penalizzanti e sulla produttività”.
“La Spezia - aggiunge Sergio Landolfi, Presidente degli Spedizionieri Doganali - ha dimostrato di saper raggiungere livelli di efficienza in banchina e di qualità anche nell’utilizzo della ferrovia che non hanno rivali. Il problema è oggi diverso. Con la concentrazione del traffico in non più di sei o sette gruppi, è indispensabile rimodulare l’offerta trasformandola in un’offerta di sistema che comprenda tutti i porti liguri e che faccia di ferrovie e strade una componente integrata”.
Secondo la Community l’interruzione della ferrovia a Ranstad con il conseguente blocco logistico in nord Europa, ma anche il congestionamento nei servizi di chiatte che in Olanda registra 20 giorni di attesa, stanno dimostrando che esiste, anche nell’interesse dell’Europa e del suo sistema economico, la necessità a sud di un sistema portuale alternativo a quello nord europeo.
E proprio per questo non è il momento di “perdersi in sterili contrapposizioni locali”, ma di agire compatti su nodi e tematiche che determinano oggi la massiccia deviazione e concentrazione di traffico sul Nord Europa. “È sempre più chiaro - afferma Alessandro Laghezza, Presidente dell’Associazione Spedizionieri di La Spezia - che la riforma portuale abbia bisogno di maggior respiro e debba concentrare gli sforzi non tanto sulle strutture burocratiche di governance, quanto sulla capacità dei sistemi portuali di rispondere alla domanda con un’offerta davvero competitiva, che non può avere i confini stretti delle attuali Autorità”.
I nodi da sciogliere riguardano in particolare l’ultimo miglio e quindi capacità di intervenire in modo razionale e rapido sulle infrastrutture di collegamento da e per i porti, puntando con forza su quel Terzo Valico che consentirà di realizzare treni container da 750 metri.
Ma sono anche nodi di carattere normativo all’origine oggi di asimmetrie assurde e anacronistiche a favore della concorrenza. In particolare la Community chiede l’adeguamento delle norme doganali, uguali in tutti i porti europei eccezion fatta per quelli italiani, che consentono in qualsiasi scalo lo sdoganamento di un container indipendentemente dalla nazionalità del proprietario della merce. In Italia si continua a richiedere invece, a importatori tedeschi, francesi o di qualsiasi altro paese comunitario, l’identificazione con una partita Iva e un Codice fiscale in Italia, oppure la nomina di un rappresentante fiscale italiano. Il che si traduce in oneri burocratici, rischi fiscali e sovra-costi che penalizzano i porti italiani.
A lanciare il guanto di sfida è la Port Community La Spezia, che respinge al mittente “il vittimismo” che serpeggia sulle banchine spezzine nei confronti di Genova rilanciando con forza la necessità di un’integrazione di sistema.
“È grottesco e ridicolo – afferma Andrea Fontana, Presidente degli Agenti Marittimi di La Spezia - condurre una campagna contro Genova come se le sorti di La Spezia dipendessero solo ed esclusivamente dalla capacità competitiva di Genova. Come operatori - prosegue - sappiamo benissimo che non è così e che il confronto con altri sistemi portuali si gioca sull’efficienza, sulla rimozione di normative penalizzanti e sulla produttività”.
“La Spezia - aggiunge Sergio Landolfi, Presidente degli Spedizionieri Doganali - ha dimostrato di saper raggiungere livelli di efficienza in banchina e di qualità anche nell’utilizzo della ferrovia che non hanno rivali. Il problema è oggi diverso. Con la concentrazione del traffico in non più di sei o sette gruppi, è indispensabile rimodulare l’offerta trasformandola in un’offerta di sistema che comprenda tutti i porti liguri e che faccia di ferrovie e strade una componente integrata”.
Secondo la Community l’interruzione della ferrovia a Ranstad con il conseguente blocco logistico in nord Europa, ma anche il congestionamento nei servizi di chiatte che in Olanda registra 20 giorni di attesa, stanno dimostrando che esiste, anche nell’interesse dell’Europa e del suo sistema economico, la necessità a sud di un sistema portuale alternativo a quello nord europeo.
E proprio per questo non è il momento di “perdersi in sterili contrapposizioni locali”, ma di agire compatti su nodi e tematiche che determinano oggi la massiccia deviazione e concentrazione di traffico sul Nord Europa. “È sempre più chiaro - afferma Alessandro Laghezza, Presidente dell’Associazione Spedizionieri di La Spezia - che la riforma portuale abbia bisogno di maggior respiro e debba concentrare gli sforzi non tanto sulle strutture burocratiche di governance, quanto sulla capacità dei sistemi portuali di rispondere alla domanda con un’offerta davvero competitiva, che non può avere i confini stretti delle attuali Autorità”.
I nodi da sciogliere riguardano in particolare l’ultimo miglio e quindi capacità di intervenire in modo razionale e rapido sulle infrastrutture di collegamento da e per i porti, puntando con forza su quel Terzo Valico che consentirà di realizzare treni container da 750 metri.
Ma sono anche nodi di carattere normativo all’origine oggi di asimmetrie assurde e anacronistiche a favore della concorrenza. In particolare la Community chiede l’adeguamento delle norme doganali, uguali in tutti i porti europei eccezion fatta per quelli italiani, che consentono in qualsiasi scalo lo sdoganamento di un container indipendentemente dalla nazionalità del proprietario della merce. In Italia si continua a richiedere invece, a importatori tedeschi, francesi o di qualsiasi altro paese comunitario, l’identificazione con una partita Iva e un Codice fiscale in Italia, oppure la nomina di un rappresentante fiscale italiano. Il che si traduce in oneri burocratici, rischi fiscali e sovra-costi che penalizzano i porti italiani.